giovedì 25 novembre 2010

Accordi e Disaccordi (Sweet and Lowdown)

Prima di partire con la recensione vera e propria, si lasci sfogare il mio spirito puntiglioso.
Sono riuscita a guardare il film nonostante Sean Penn, per il quale nutro un'antipatia viscerale, come alcuni già sapranno. Antipatia che mi impedisce di guardare Milk, che ho iniziato varie volte, e che interrompo puntualmente dopo mezz'ora, dichiarando che le uniche alternative erano spegnere il televisore o defenestrarlo. Per fortuna si manifesta in me il gene della pazienza quando si tratta di Woody Allen (con la sola eccezione, ad oggi, di Sogni e Delitti e Vicky Cristina Barcelona).
Di solito non si parla di antipatie nelle recensioni, ma la mia natura di personaggio fastidioso mi impone di puntare il dito su tutto ciò che non mi piace, ed è per questo che mi ritaglio uno spazio prima di mettermi a scrivere qualcosa che possa essere ritenuto anche solo vagamente attendibile.
Mi viene da chiedermi, a questo punto, quanto le simpatie e le antipatie condizionino il lavoro svolto dalla critica. Per quel che mi riguarda, so solo che non sono ancora riuscita a perdonare a Sean Connery di essere stato James Bond, o Ridley Scott per averci regalato capolavori come Thelma & Louise e Blade Runner e poi aver girato Il Gladiatore. Questo mi rende eccessivamente pignola e rompiscatole o solo ferma nelle mie convinzioni cinematografiche? So quale risposta darebbe il mio ego.
Detto ciò, con la quasi totale certezza che tornerò presto sull'argomento, passiamo a Woody.

ATTENZIONE: POTREBBE CONTENERE SPOILER

Accordi e Disaccordi (Sweet and Lowdown)
1999
Regia di Woody Allen. Soggetto e sceneggiatura di Woody Allen. Con: Sean Penn, Samantha Morton, Uma Thurman, Anthony LaPaglia, James Urbaniak, Brian Markinson, Woody Allen, Ben Duncan.
Voto: 8/10

Sono gli anni '30, ed Emmet Ray (Penn) è il secondo chitarrista jazz più bravo al mondo. Il primato è detenuto da Django Reinhardt, per il quale Ray ha una venerazione tale da farlo svenire nelle rarissime e fortunate occasioni in cui lo incontra. Emmet è talentuoso, ma non ricco, passa le sue giornate andando a guardare i treni, sparando ai topi nelle discariche, ubriacandosi e sperperando il denaro che non possiede, atteggiandosi quasi come un James Bond in versione 1930, ma senza un soldo in tasca. Passa dalla relazione con la muta e dolce Hattie (Morton), al matrimonio con la più sofisticata Blanche (Thurman), ma la sua incapacità di legarsi e di esprimere i propri sentimenti lo fa infine rimanere solo, faccia a faccia con le note discordanti della sua vita. E' allora, prima di sparire, che crea la sua musica più bella.

Il film, intervallato da interviste ma non esattamente girato come un documentario, ricorda altre pellicole di Allen, come Prendi i soldi e scappa, Radio Days, e, volendo, Zelig. Le interviste, in questo caso, sostituiscono il classico monologo che in genere il regista usa come base per i suoi lavori.
Ray è raccontato per lo più per come viene visto dall'esterno, in quanto i suoi sentimenti sono celati in lui dall'incapacità di aprirsi veramente agli altri, il che pregiudica anche la sua musica, che non riesce ad essere completa come quella di Django Reinhardt, il quale, al contrario, non ha paura di commuoversi e commuovere. Nonostante questo non si dà mai un giudizio negativo di Emmet Ray, ma si cerca di far sbirciare da dietro la tenda ciò che il personaggio non vuole rivelarci.
Samantha Morton, candidata all'Oscar per il ruolo di Hattie, ricorda Giulietta Masina in La Strada di Fellini, e in effetti Penn con lei si comporta quasi come Zampanò.
Uma Thurman, qui in veste di bella bionda che fuma dal bocchino, offre il solito repertorio di sguardi ammalianti, identica a se stessa in Pulp Ficton nel '94 (Mia Wallace, mora) e in Batman & Robin nel '97 (Poison Ivy, rossa). Più che il ruolo, cambia il colore dei capelli.

giovedì 18 novembre 2010

Buffy, l'Ammazzavampiri

Buffy, The Vampire Slayer
1992.
Regia di Fran Rubel Kuzui. Sceneggiatura di Joss Whedon. Con: Kristy Swanson, Donald Sutherland, Paul Reubens, Rutger Hauer, Luke Perry, Hylary Swank, David Arquette, Thomas Jane.
Voto: 4/10

Buffy Summers (Swanson), ragazza pon pon del liceo Hemery, California, bionda, ricca e modaiola, scopre, grazie alla visita del signor Merrik (Sutherland), di essere la prescelta per cacciare i vampiri. Merrik infatti rinasce da secoli col compito di addestrare ragazze a questo scopo.
Intanto Zeph (Jane), tirapiedi del vampiro Lothos (Hauer), sta trasformando in vampiri i cittadini per creare una nuova "famiglia" al suo padrone, in attesta che quest'utlimo recuperi del tutto le forze.
Buffy incontra Pike (Perry), che scopre la sua vera identità e la aiuterà nella sua battaglia contro Lothos.

Nonostante il film non abbia avuto alcun successo, ne è stata tratta l'omonima serie televisiva, anch'essa di Joss Whedon. Anche se viene da chiedersi perché. E viene anche da chiedersi come sia stato possibile far recitare Donald Sutherland e Rutger Hauer così male. Luke Perry, famoso per aver impersonato Dylan in Beverly Hills 90210, non si discosta troppo dal personaggio, aggiungendo un tocco da sfigato in più (accentuato nella versione italiana dalla scelta del doppiatore, Luca Sandri, alias Kurochan).
Nonostante la pessima trama, la pessima recitazione, il disperato tentativo di infilare battute divertenti e i vampiri volanti, forse il film merita comunque di essere visto. Il perché alberga in un film di Mel Brooks. Sta allo spettatore scoprirlo.

sabato 13 novembre 2010

A Room With a View

C'è un certo numero di persone che ogni mattina va all'edicola. Mio padre è uno di loro.
Alcuni si limitano a comprare i biglietti dell'autobus.
Altri, invece, giornali e riviste. Mio padre è uno di quelli.
Alcuni spendono solo il costo del giornale, senza dare attenzione agli allegati.
Altri li acquistano una volta ogni tanto.
Altri ancora, tutte le volte. Mio padre, per un lungo periodo che potrebbe andare dalla prima diffusione del vhs all'avvento dei dvd, pare essere stato uno di questi.
Da che mi ricordo, siamo sempre stati estremamente ben forniti delle videocassette che davano con Panorama, la Repubblica, l'Unità, il Corriere della Sera. Videocassette ovunque. Alcune mai nemmeno tolte dalla plastica. Librerie piene di videocassette. Quando le mie amichette venivano a dormire, il sabato, chiedevamo a mio padre di sceglierci qualche film. Di solito ne facevamo una pila altissima, al bordo del letto. E alla fine crollavamo a metà del secondo.
Un cinefilo sarebbe impazzito là in mezzo. Almeno, io ci impazzivo.

Poi sono arrivati i dvd. E poi Sky.
Di film non ne compriamo più, stanno lì solo ad accumulare polvere e occupare spazio.
Così, alla fine, la decisione dei miei è stata quella di sfrattarli.
Io, che non sono mai stata una molto per il feng shui, ho finito con l'adottare l'intera nidiata di videocassette orfane, nella mia stanza da studentessa fuori sede, che ora sembra più un BlockBuster, o la stanza del tipetto fissato con gli alieni di Men In Black II.

Questa è una svolta che offre grandi possibilità. Ci siamo io e più di un centinaio di videocassette. E il mio spirito pignolo.
Quindi, ecco l'idea: un film, una recensione. Almeno uno a settimana. Non vincerò nessun premio letterario di certo, non manderò al rogo pubblico nessun film, non stroncherò nessuna carriera, né ne lancerò nessuna. Ma pare faccia bene darsi degli impegni di questo genere. Ci hanno fatto pure un film, Julie & Julia, con Meryl Streep. Anche se non era un gran che.

Ora devo solo trovare un televisore e un videoregistratore. Finirò come in uno dei miei film preferiti, a gridare da dietro la porta di un bagno di un bowling: "Se avessi voluto un uomo nella mia vita non mi sarei comprata un VHS!".
Nel mentre, spero che nessuno si offenda se inizio con i film salvati nel mio hard disk, su molti dei quali ho già avuto occasione di ammorbare il prossimo.
E spero di non fare errori di grammatica.