giovedì 2 dicembre 2010

In morte di Mario Monicelli e in occasione dei 75 di Woody

Mi sono chiesta se fosse una cosa da farsi, accostare la morte di Monicelli al compleanno di Woody Allen. Il "colgo due piccioni con una fava" suona male in certi casi. E se dovessi riportare gli eventi assieme perché ravvicinati, dovrei parlare anche dell'estrazione dei miei denti del giudizio (che, guarda caso, risale a lunedì, giorno della scomparsa di uno dei protagonisti di questo post).
So già che a Natale sprobabilmente starò scrivendo della morte di Charlie Chaplin, che se ne è andato il 25 dicembre del 1977, e del fatto che nel 2006 Pasqua fosse il 16 aprile, giorno del suo compleanno. Il che creerebbe un altro post in cui si legano morte e compleanno, e anche resurrezione, se si vuol essere pignoli.
Avrei potuto parlare di Mario Monicelli lunedì, o martedì al più tardi. Ma è anche vero che riuscire a scrivere in italiano dopo essersi fatti estrarre due denti, sotto antibiotici e antidolorifici, completamente rintronati e con una faccia che è stata paragonata a quella di Marlon Brando ne Il Padrino risulta quantomeno molto faticoso. Quindi stasera si è rivelato il primo momento realmente utile, e a spendere due parole su questo grande non posso rinunciare. Allo stesso modo non posso far finta che oggi non sia il giorno del settantacinquesimo compleanno di Woody Allen.
Perciò, dopo aver considerato le varie opzioni, ho scelto questa, sperando di non recare torto a nessuno, perché le intenzioni erano le migliori.
Vi offro dunque una recensione de L'Armata Brancaleone, seguita da quella de La Rosa Purpurea del Cairo. E spero in una migliore organizzazione per la prossima volta.

L'Armata Brancaleone
1966
Regia di Mario Monicelli. Soggetto e sceneggiatura di Agenore Incrocci, Furio Scarpelli e Mario Monicelli. Con: Vittorio Gassman, Gian Maria Volonté, Catherine Spaak, Folco Lulli, Enrico Maria Salerno, Carlo Pisacane, Ugo Fangareggi, Gianluigi Crescenzi, Pippo Starnazza, Luigi Sangiorgi, Maria Grazia Buccella, Tito Garcia, Joaquìn Dìaz.
Voto: 10/10

Siamo nell'Italia del XI secolo, e Brancaleone da Norcia (Gassman), unico rampollo di una famiglia decaduta, si reca, assieme al suo manipolo di miserabili e spiantati, verso il feudo di Aurocastro, che, secondo quanto riportato da una misteriosa pergamena (in realtà non destinata a lui), gli sarebbe stato affidato come vassallo. Lo aspettano l'incontro col bizantino Teofilatto dei Leonzi (Volonté), la peste, il monaco Zenone (Salerno), la bella Matelda (Spaak) e l'attacco dei Saraceni. Uscito vittorioso, assieme alla sua armata, da questa serie di curiose avventure, deciderà di partire con Zenone alla volta di Gerusalemme per liberare il Santo Sepolcro, seguito dai suoi compagni di ventura.

Il film, campione d'incassi e vincitore di tre Nastri d'Argento (costumi, musiche e fotografia), mette in primo piano il tema del riscatto dei perdenti, dei miserabili, che Monicelli aveva tanto cari e che riesce a far amare perdutamente dallo spettatore per la loro simpatia, i loro fallimenti, la loro voglia di non mollare mai, unita al singolare modo di parlare, tra l'italiano arcaico, il latino e il dialetto, con cui vien loro data voce.
Una successione di piccole avventure originalissima, che pure rimanda in quanto a struttura a poemi come L'Orlando Furioso di Lodovico Ariosto (anche se più storicamente attendibile) e ad altri capolavori di Monicelli, come I Soliti Ignoti o Amici Miei, con i quali condivide, tra gli altri, il tema dell'amicizia, che rende il film un perfetto esempio di opera corale.


La Rosa Purpurea del Cairo (The Purple Rose of Cairo)
1985
Regia di Woody Allen. Soggetto e seneggiatura di Woody Allen. Con: Mia Farrow, Jeff Daniels, Danny Aiello.
Voto: 9/10

Siamo nel New Jersery, nel periodo della grande depressione. Cecilia (Farrow) è una cameriera sbadata, sposata con Monk (Aiello), disoccupato, violento, che perde al gioco quel poco che lei riesce a guadagnare. La sola sua sola consolazione è andare al cinema, unico luogo in cui può dimenticarsi dei problemi della vita di tutti i giorni e illudersi che ve ne possa essere una migliore. Dopo essere stata licenziata, si rifugia nella sala buia del cinematografo e guarda più e più volte La Rosa Purpurea del Cairo, fino a che, alla quinta volta, uno dei personaggi, l'esploratore Tom Baxeter "dei Baxter di Chicago" (Daniels), avendola notata, non esce dallo schermo, desideroso di vivere una reale storia d'amore con lei, finché l'attore che lo interpreta, Gill Shepherd, non lo viene a cercare, preoccupato per la sua carriera appena sbocciata. Finisce però anche lui per corteggiare Cecilia, offrendole di portarla con sé ad Hollywood. Lei accetta, facendo così tornare Tom nella pellicola dai suoi sconcertati compagni. Quando però si reca all'appuntamento con Gill per partire assieme a lui, lo scopre già sull'aereo, e non le resta che tornare a vivere la sua vita come prima.

La speranza illusa e disillusa in una vita migliore, che sia essa reale o immaginaria, è uno dei temi predominanti del film. Cecilia, trovatasi di fronte alla possibilità di realizzare i suoi sogni proprio come nei film, si sente confusa, e decide allora di seguire Gill, non perfetto, ma reale, illudendosi però di qualcosa che esiste solo sugli schermi.
Il film offre anche numerose citazioni di quel cinema in cui il sonoro era appena stato inventato, prendendolo anche un po' in giro con amore e nostalgia.


NOTA: scrivendo scrivendo, si è fatta l'una meno un quarto, quindi non sono riuscita a cogliere del tutto nessuna delle due date significative su cui questo post si basava. Si vede che non era destino.

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