domenica 5 dicembre 2010

You Will Meet a Tall Dark Stranger

In primo luogo prometto che dopo questo post la smetterò di ammorbare i miei lettori (se ce ne sono) con Woody Allen, almeno per un po'.
Ma mi è stata lanciata, per quanto in forma indiretta, una sfida, e non potevo fare a meno di coglierla. Capite? E' una questione di ego.
Quindi, a chi afferma che su Incontrerai l'Uomo dei Tuoi Sogni ci sia poco da dire, rispondo prontamente.
Per farlo, però, devo allontanarmi dalla recensione, per passare ad un altro genere, che chiamerò saggistica saccente.
La mia prima prima uscita di casa dopo l'estrazione dei denti del giudizio non poteva che essere alleniana.
Il film, uscito ieri, si presenta benissimo, perfettamente impacchettato negli abiti, tutti di buon gusto, dei personaggi-escludendo ovviamente l'amante di Anthony Hopkins, volutamente volgare. L'ambientazione londinese si lascia apprezzare pienamente, e al centro della storia non poteva che esserci una famiglia altoborghese. Disastrata, s'intende.
La madre tenta il suicidio dopo esser stata lasciata, dopo quarant'anni, dal marito, che prontamente si risposa con una giovane prostituta scialacquatrice e fedigrafa.
La figlia vive la sua crisi coniugale, mentre il genero, laureato in medicina ma deciso a non fare il medico, si strugge sul suo secondo romanzo, scrivendolo e riscrivendolo all'infinito, senza mai concludere nulla, sbirciando dalla finestra l'attraente vicina di casa vestita in rosso.
Insoddisfazione, tradimenti dietro ogni angolo.
Il quadro non è certo dei più nuovi per Woody. Eppure funziona ancora.
Al primo sguardo si riconosce Interiors, 1978, anche se stavolta la storia è raccontata in chiave comica. Ma c'è dell'altro: la prostituta, lì per lì, sembra proprio Linda de La Dea dell'Amore, 1995, anche se con un po' di anni in più. E Londra non può non richiamare Match Point, 2005.
Ma andando avanti ci si rende conto che non si tratta solo di questo: la madre, che in Interiors si fa schiacciare dal peso delle proprie sofferenze e non trova altra via d'uscita se non l'annegamento, con cui, in fin dei conti, "libera" anche tutti gli altri, in questo caso invece è l'unica a trovare la felicità; e la Linda di turno, invece di scoprirsi semplice e bisognosa d'amore, si rivela soltanto per quel che è. Cioè una gran puttana.
Ognuno cerca di fuggire la propria insoddisfazione, cercando di sostituire il proprio amore con un altro, magari per sentirsi ancora una volta giovani, chi flirtando con una sconosciuta, rubando il lavoro degli altri, ma tutti, alla fine, sono costretti a mettersi faccia a faccia con la loro realtà di persone non risolte. E Woody non ci vuol dire come andrà a finire per loro.
Per Helena, invece, unica a cui il cambiamento è stato imposto, unica costretta da scelte non sue ad affrontare il proprio dolore e trovare una via d'uscita, il lieto fine c'è. E c'è perché riesce a credere in qualcosa. Qualcosa che in realtà non esiste nemmeno, qualcosa che è solo fantasia, illusione, metafisica. Occulto. Eppure, è proprio ciò che le fa trovare una persona che voglia restare al suo fianco, e non la faccia sentire sola e sbagliata. E, cuiriosamente, è ciò che tutti gli altri chiamano ciarlataneria a farle trovare un affetto reale.
La domanda che rimane aperta, è dunque questa: esiste o no una speranza vera?

1 commento:

  1. Forse solo i padri - eterni patetici silenziosi amanti - sanno sentirsi bistrattati: e quel tuo incipit, quel tuo " ..che ci sia poco da dire" lo trovo anti (patico). Il resto è godimento puro e mi ha ricordato New York New York, anche se non ricordo se fosse lui che va ad un concerto di lei o lei che va ad un concerto di lui. Di fondo alla sala son pronto a dirmi :" è un genio, vendetta è fatta "

    RispondiElimina